Gli aggiornamenti del tacchificio di qualità Vanplast sul mondo dei tacchi: quanto ne sapete o cosa pensate di dress code e tacchi alti nei luoghi di lavoro? Vi riportiamo un interessante caso per approfondire la questione. Argomento oggetto di diverse diatribe, il “dress code” in ufficio, basato prevalentemente sull’uso dei tacchi alti, gonne e altri obblighi, ha diviso l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Questa “frattura” è dovuta principalmente al caso della ragazza canadese vittima di un comportamento discriminatorio da parte del suo datore di lavoro, che ha imposto l’uso costante di calzature scomode per tutta la durata del lavoro. L’episodio è culminato in una petizione che ha coinvolto ben 152.420 persone, quindi firme, ed è approdata al Parlamento britannico, spiega Federica De Luca, junior fellow di Adapt, l’associazione che si occupa di studi e ricerche in merito alle relazioni industriali e di lavoro. Spostando l’attenzione sull’Italia, anche Daria Bignardi, direttore di Rai Tre, mostra solidarietà femminile permettendo alle conduttrici del Tg Tre di indossare scarpe basse e mise sobrie, dando priorità alla comodità piuttosto che all’apparenza.
Tuttavia, al fronte opposto, c’è chi sostiene che l’utilizzo di tacchi alti in ufficio sia sinonimo di potere femminile e professionalità. Principale supporter di questa linea di pensiero è Veronica Benini, ideatrice di Stiletto Academy, appassionata del tacco alto e autrice del libro ad hoc intitolato “Tacco 12”. A suo dire, sfoggiare un tacco vertiginoso sul posto di lavoro aumenterebbe la fiducia in se stessi e questo si tradurrebbe in un maggior successo; si tratterebbe quindi di uno strumento da usare con intelligenza.
La Benini ha affermato: “Non dico che bisogna essere femminili per avere successo sul lavoro, ma essere se stesse è importante. Se rinunciamo a una parte di noi stesse, per esempio castigando la nostra femminilità, ne perderemo anche in professionalità”.